Luca Perino Vaiga - L'Arena
Il romanzo Vite
Corsive, per il suo originale approccio in giallo che
guarda alla “scrittura corsiva” quale unico indizio per risolvere
un misterioso omicidio, è diventato una citazione quasi accademica
per tutto ciò che ruota intorno alla “filografia”, alla parola
scritta, quella corsiva, vergata a mano.
Se, a pochi mesi dalla sua uscita in libreria, Vite Corsive era stato recensito da Casa Bolaffi, il simbolo del collezionismo filografico per antonomasia, come “il romanzo che sdogana, per la prima volta nel panorama dell’editoria specializzata, il neologismo ‘filografia’ “, in tempi più recenti, precisamente nell’estate del 2016, Federica Natta inizia, proprio citando il romanzo di Marco Nundini, un interessante articolo dal titolo “Cosivo vs computer” pubblicato sull’autorevole Studium Educationis di MultiMedia Editore (n:.2/2016), rivista fondata e diretta da Diega Orlando, oggi professore emerito di Pedagogia generale e sociale presso l’Università di Padova.
La rivoluzione digitale del secondo millennio ha ormai
cancellato il corsivo, il ductus della scrittura, trasformando quei
caratteri tanto cari alle passate generazioni in geroglifici
incomprensibili. Per questo motivo il giovane ispettore Loreta
Assensi, poco più che trentenne, è costretta a chiedere aiuto per
risolvere un insolito caso d’omicidio. Insolito a partire
dall’arma, perché chi ha ucciso lo ha fatto con i fiori. Insolito
perché l’unico indizio è un’ingiallita lettera vergata a mano che
l’antiquario veronese Roberto Trentin tiene stretta nel suo letto
di morte. Figlio di italiani immigrati in Argentina, egli è la
vittima inconsapevole di un’oscura verità. Un segreto che nemmeno
lui conosce. Un segreto nascosto tra le pieghe della scrittura, tra
le missive che per decenni i suoi avi hanno spedito da una sponda
all’altra dell’oceano. Ad aiutarla è un docente e ricercatore fuori
dalle righe e dal tempo: il Filografo. Sarà proprio lui a farle
intraprendere un viaggio che la porterà dalle rive scaligere
dell’Adige sino alle sponde del Riò Paranà, passando dalle campagne
di Riese, sfiorando i nebbiosi vigneti del Piemonte. Non solo un
giallo dai riflessi noir, ma il presagio di un mondo il cui passato
presto svanirà nell’effimera vita di uno stile di comunicare senza
più carta, senza più inchiostro.
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